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.La stessa affermazione, fatta usando l indicativo: «È megliolasciar perdere», sarebbe perentoria e non lascerebbe spazio a opinionidiverse (questa forma è detta condizionale di modestia);·ð per esprimere un dubbio (in particolare, coi verbi potere, dovere, volere):«Dove potremmo andare a cena stasera?»; «Carla è offesa con me.Chedovrei (potrei) fare, per scusarmi?»;·ð per esprimere un desiderio o un augurio: «Come sarebbe bello fare una gitaa Venezia!»In tutti questi casi, il condizionale sembra indicare la conseguenza di unacondizione non espressa, ma sottintesa: «Vorrei una pizza margherita» (sottinteso:«se lei non ha nulla in contrario»); «Come sarebbe bello fare una gita a Venezia»(sottinteso: «se avessimo la possibilità di farla»), e così via.In altri casi, però, il condizionale (e qui veniamo ai difetti) è schermodell ipocrisia.«Dottore, non vorrei disturbarla, ma.» (falso.certo che vuoidisturbarmi!); «Potrei rubarle qualche minuto?» (e giù a parlare per un ora);« Gradirebbe un pezzo di torta? Veramente, avrei già mangiato. » (come «avrei?»Poche storie: o hai mangiato o non hai mangiato.E se non ti va la torta, meglio:mangio tutto io!)Detto dei pregi e dei difetti, c è un ultimo uso del condizionale di cui vogliamo(anzi, vorremmo) parlarvi.Nella lingua dei giornali e della televisione, questo modosi usa spesso per presentare una notizia come possibile o probabile, ma non certa:«Tutto sarebbe cominciato dopo la malattia di Bossi.È in quei giorni che si sarebbedeciso di istituire una sorta di guardia di sicurezza per evitare al capo una vita troppostressante» («La Stampa», 13 settembre 2010); «Una sessantenne di origine asiaticaavrebbe aperto il fuoco contro alcuni componenti della sua famiglia» («Corriere dellaSera», 24 settembre 2010).Questa forma è detta condizionale di dissociazione perché il giornalista,presentando la notizia come possibile ma non come certa, prende le distanze (cioè,appunto, si dissocia) dalla fonte che gli ha dato l informazione.Ormai in televisionesi sente ripetere in continuazione, soprattutto nei telegiornali e nelle trasmissionisportive, una frase che è diventata un tic linguistico: «Il condizionale è d obbligo».Non c è cronista, non c è giornalista, non c è commentatore televisivo che non la usi.La cosa ha un risvolto comico quando il giornalista presenta sì la notizia conprudenza, ma senza adoperare il condizionale (per esempio dice: «Forse, ma non èsicuro, tutto è cominciato dopo la malattia di Bossi») e poi aggiunge: «Il condizionaleè d obbligo».Un condizionale che però non sta da nessuna parte.«Se me lo dicevi.» il periodo ipoteticoLe nostre posizioni sul congiuntivo e sul condizionale le abbiamo espresse e cisembrano, tutto sommato, ragionevolmente moderate.Come tutti i nostri colleghilinguisti, pensiamo (sulla base non di chiacchiere, ma di dati obiettivi) che né l unoné l altro siano morti, e che la loro episodica sostituzione con l indicativo non sia unadegenerazione linguistica dell ultim ora, ma coincida con la storia plurisecolaredell italiano.Con tutto ciò, nonostante le dichiarazioni documentate e tranquillizzantidi noi linguisti, alcuni giornalisti dissentono fortemente, e continuano a ritenereimperterriti che il congiuntivo sia morto, e che il condizionale lo seguirà presto.In un intervista rilasciata il 21 settembre 2010 al «Corriere della Sera» FrancescoSabatini, presidente onorario dell Accademia della Crusca, ha ripetuto per l ennesimavolta (non sappiamo più quante volte sia stato costretto a farlo) non solo che questimodi verbali non sono morti, ma anche che in determinati contesti si alternano conl indicativo da che italiano è italiano.Sabatini ha convinto noi (che peraltro eravamogià convinti) ma non ha convinto giornalisti anche molto apprezzati.Sul «Corrieredella Sera» del giorno dopo Giorgio De Rienzo, persuaso che il congiuntivo «siadestinato a scomparire in una società globalizzata che corre verso una linguaappiattita magari su una sintassi inglese di base», ha considerato improprio l esempioletterario addotto dal professore a sostegno delle sue argomentazioni pro indicativo:(«Se mi accostava un passo di più, l infilavo addirittura il birbone», AlessandroManzoni, I Promessi Sposi).Niente da fare.Qui - ha obiettato De Rienzo - a parlare èRenzo, «un contadino, che ha un bagaglio linguistico limitato».Se è per questo ilpovero Renzo (che comunque, a voler essere pignoli, non era un contadino, ma unfilatore di seta) all altezza del 1628 l italiano non sapeva neppure che cosa fosse: almassimo, poteva esprimersi (pardon, avrebbe potuto esprimersi) in uno stentatolumbard.Ma che c entra questo con la scelta manzoniana di far parlare i suoipersonaggi in una lingua che in séguito sarebbe diventata la lingua di tutti gli italiani?A ogni modo allegheremo qualche indicativo accolto al posto di congiuntivo econdizionale non da contadini o da filatori di seta, ma da scrittori che hanno fattogrande l italiano.Nell Orlando Furioso di Ludovico Ariosto i casi di indicativo usatoal posto del congiuntivo e del condizionale si sprecano.Eccone un paio: «Forse noifacea, se più tardava» (= forse non lo avrebbe fatto, se avesse tardato di più; XVI,83, 2); «E se non era doppio e fin l arnese / feria la coscia ove cadendo scese» (= e selo scudo non fosse stato spesso e ben temprato, [la spada] avrebbe ferito la coscia sucui si abbatté cadendo; XVII, 101, 7-8).Licenze poetiche, obietterà qualcuno.Nienteaffatto.Tagliamo la testa al toro allegando un esempio che porta la firma del padredella grammatica italiana, quel Pietro Bembo che, con le sue Prose della volgarlingua, dal 1525 in poi ha esercitato una sorta di dittatura normativa sull italiano che,per certi aspetti, dura ancor oggi.Sentite che cosa scrive Bembo in una sua dottissimalettera: «Ahi fiera e maledetta disaventura! non ti bastavano le ingiurie che per loadietro fatte m avevi [.], se tu ancora quella ferita non mi davi».Il senso del passo èquesto: «Le offese che mi avevi fatto prima non ti sarebbero bastate se non mi avessidato anche quella ferita»
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