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.Avreipotuto insomma difendere il mio titolo, guadagnare molto più denaro e correre un2000 piuttosto tranquillo.Ma io sono curioso, cerco sempre nuovi stimoli, quindiavevo anche una gran voglia di esplorare altri orizzonti; in più non capita tutti gli annidi ricevere l'offerta per guidare la Honda 500.Addirittura, la NSR 500 ufficiale.Mi sentivo onorato per il fatto che la Honda avesse scelto me, che avesse inoltreacconsentito ad affidarmi la moto ufficiale attraverso una squadra allestita in Italia,quindi non il Team HRC Repsol.Insomma, avevo ottenuto tutto: la moto ufficiale, esoprattutto la presenza di Jeremy Burgess come capotecnico della squadra.Con Ivano Beggio, il presidente dell'Aprilia, mi ero lasciato bene.Mi diede ilpermesso di provare subito la NSR 500, senza aspettare l'inizio del 2000.Senzaobbligarmi a onorare il contratto, che scadeva il 31 dicembre.E io non me lo sono fatto ripetere due volte.Quando mi sono presentato a Jerez de la Frontera, in Andalusia, nel sud dellaSpagna, praticamente di fronte alle coste dell'Africa, ero tutto eccitato.Il momento in cui un giovane pilota aveva la possibilità di provare una 500 era giàimportante, ma salire sulla Honda NSR era qualcosa di incredibile.Io, infatti, nonstavo più nella pelle.Oggi la 500 non c'è più, e con essa sono spariti sicuramente tanti problemi, maanche una marea di emozioni.Perché nessuna moto al mondo ha il fascino di una 500due tempi, quel carattere così violento che ti trasmetteva scariche di adrenalina a ognicambio marcia.Io, poi, ho sempre seguito con molta attenzione quella classe.Innanzitutto perché era un punto di arrivo anche per me, e poi perché quello era ilterreno sul quale si confrontavano i grandi campioni.Il mio debutto, a Jerez, alla fine del 1999, è avvenuto con una delle moto con cuiAlex Criville aveva conquistato il titolo mondiale.Era quindi una versione identica aquella che usava Mick Doohan, ritiratosi da poco dalle competizioni.Quella NSR era dotata dell'evoluzione del quattro cilindri che veniva definito"screamer".La NSR che guidai invece nel 2001, l'anno in cui vinsi il Mondiale, era unpo' diversa rispetto a quella di Doohan.Mi ero immaginato il mio debutto su una Honda 500 ufficiale come una sorta diiniziazione che avviene attraverso una cerimonia di grande importanza e suggestione.Ti aspetti, e io me lo aspettavo, di arrivare a Jerez e trovare uno scenario da favola.Immagini, e io lo immaginavo, di fare parte di un evento grandioso, curato neiminimi dettagli."All'arrivo vedrò i camion della Honda, la moto che sarà bellissima, lucida,curatissima; entrerò in un'organizzazione impeccabile, con gli ingegneri giapponesiche gireranno attorno a me, i meccanici con i guanti bianchi mi assisteranno in ognimia esigenza."Bene, non è andata esattamente così.Sono entrato in un paddock semideserto, mi sono guardato intorno e ho vistoarrivare un furgone verde dell'Eu-ropcar: sui sedili c'erano Jeremy, Bernard (unmeccanico del Team HRC) e, in mezzo a loro, un meccanico giapponese.Jeremy non aveva badato ai formalismi: aveva ai piedi delle scarpe tipo leTimberland dei paninari milanesi degli anni Ottanta, e soprattutto un maglioneorrendo, di lana scura con rettangoli disegnati nella parte bassa.Maglioni così, pensaisubito, non se ne vedono più!Insomma, il grande e leggendario Jeremy Burgess mi apparve come un uomo fuoridal suo tempo.Sono rimasto lì, a guardare lui e i suoi pochi collaboratori mentre scendevano dalfurgone a noleggio, e soprattutto mentre aprivano il portellone per scaricare la NSR.Proprio perché Jeremy e quelli della Honda non si erano voluti far mancare nulla,avevano anche preso una cassetta degli attrezzi.E poi basta, finito.Era come sedovessimo andare a fare una scampagnata con una moto del concessionario.A proposito: la NSR era nera, con i cerchi color arancio e il serbatoio grigio; lecarene non avevano nulla.L'insieme era davvero poco curato."Ma come, questa è la moto più importante del mondo, la provo per conto della piùpotente Casa del mondo, col capotecnico numero uno, e questi fanno scendere da unfurgone a noleggio verde una roba conciata in questo modo?!" mi sono chiestoimmediatamente.Ero allibito.Non potevo crederci."E poi loro, ma guarda come sono conciati." mi ripetevo, quasi scandalizzato.Ci sono rimasto malissimo.Anche perché io sono sempre stato preciso einflessibile, su queste cose: la mia moto dev'essere ordinata, nessun adesivo nel postosbagliato, i colori delle varie componenti devono essere sempre coordinati e intonarsiall'insieme, i cerchi non devono essere segnati né sporchi, l'impatto visivo deveconquistare subito chi guarda.Sono fatto così con tutte le mie cose, figuriamoci conl'oggetto che amo di più: la mia moto da corsa.Quindi, sarà per questa mania, fatto sta che sono rimasto sbalordito, attonito,incredulo.Mi veniva persino da ridere nel vedere quel furgone a noleggio verde,Jeremy che era vestito in modo orrendo, un solo meccanico giapponese in giro, quellacassetta degli attrezzi per terra, quella NSR che sembrava proprio lasciata andare.Nonriuscivo a smettere di pensare: "E questa sarebbe la massima espressione delmotociclismo?!".Non è finita qui, comunque.Il quadro l'ho completato io.Per questo evento, proprio per via della mia mania per i particolari, avevopreparato due tute che avevo fatto fare appositamente dalla Dainese.Le avevadisegnate Aldo Drudi: erano gialle, con la scritta Honda e un disegno di una Fiat 500;era il mio modo per rimarcare che si trattava della prima volta che guidavo una 500."Almeno sarò bello io" ho pensato vedendo la moto e quelli del team.Mentre riflettevo su questa cosa, sono andato a prendere la mia borsa; ho estratto latuta e Gibo mi ha fatto una domanda che subito mi è sembrata strana:«Ma non hai la tuta Aprilia?».«No
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